UN MECCANICO (polacco) PROVVIDENZIALE – Katowice, 16 maggio

Sono appena arrivato finalmente all’hotel giusto di Katowice, sotto la pioggia!
Il tempo di sistemarmi e mangiare un boccone, che già mi reclamano! Il manager dell’hotel e suo padre mi chiedono di andare con loro a vedere la loro collezione di MZ, acronimo di Motorradwerk Zschopau, motociclette risalenti ai tempi della DDR, la Germania dell’Est. Devo dire che i pezzi sono tutti molto belli e molto ben restaurati. Poi, presi dall’entusiasmo, mi accompagnano a vedere il loro allevamento di funghi, soprattutto Pleurotus, che da noi tra Veneto e Friuli prendono il nome di “sbrise”. E tra un fungo e l’altro mi raccontano tutta la loro vita! Praticamente il manager dell’hotel si è fatto da solo dopo la caduta dei vecchi blocchi ideologici in Europa. Lui era uno di quelli che si vedevano andare su e giù dall’Italia verso l’Est, a comprare catorci di auto e camioncini che poi portava in Polonia, sistemava e rimetteva in commercio. Quello è stato l’inizio della sua carriera professionale.
Fuori piove ancora, anzi non ha proprio mai smesso. Ma mi sento bene, quasi in famiglia, a condividere il pasto.
Il giorno dopo, al controllo giornaliero che faccio della moto, incasso un colpo molto forte: i copertoni da cross che mi sono portato di scorta per guidare nei terreni scoscesi sono tra loro fuori asse. Controllando bene la situazione, il paracolpi di destra si sta staccando dal telaio e se questo dovesse succedere in corsa sarebbe un bel problema.
Urge un’officina!
Intanto la pioggia continua. Tramite il padre dal manager dell’hotel a cui mi ero rivolto per avere un aiuto, si presenta un ragazzotto di circa quarant’anni col carrello traino montato sulla sua vecchia Volvo da mezzo milione di chilometri. E non scherzo: il contachilometri segna effettivamente mezzo milione di chilometri. Prende atto della situazione e mi dice che è tutto da rifare. Bene: sgancio le borse laterali, tolgo i bagagli e carichiamo la moto sul carrello.
Dopo circa 10 km si arriva a casa sua: un capannoncino piccolo sul retro di una casa in fase di crollo, disabitata, ma pericolante. Facciamo spazio e portiamo dentro la mia moto. Quasi immediatamente si presenta anche il vicino di casa; prima le presentazioni e poi cominciamo a smontare la moto.
Nel frattempo il vicino porta del caffè caldo, provvidenziale visto che continua a piovere e l’umidità entra proprio nelle ossa. Bevuto caffè, do una mano a coprire le moto in riparazione che il meccanico aveva messo fuori per far posto alla mia. Ma il vicino insiste perché vuole farmi vedere casa sua; così accetto e lo faccio contento. Quando ritorno all’officina vedo che nel frattempo è arrivato un amico del meccanico perché servivano dei pezzi di ricambio e questo era andato a acquistarli. Visto che la comunicazione è un po’ difficoltosa, mi limito fare il garzone: tengo i pezzi da montare, smeriglio, faccio un po’ quello che occorre.
A mezzogiorno arriva una pizza formato famiglia per tutti e quattro: il meccanico, il vicino, l’amico e il sottoscritto. Voglio pagarla, ma niente da fare: me lo impediscono.
A metà pomeriggio il lavoro è finito, carichiamo la moto su carrello e si rimette in funzione la vecchia Volvo. Mi riportano all’hotel e qui insisto per il pagamento. Insisto e insisto, ma niente: non vuole niente! Il giovane meccanico mi dice: “A cosa serve un’amicizia se non ci si può aiutare nel momento del bisogno?”
Queste parole mi hanno colpito molto, specialmente in un mondo come il nostro dove si deve dare un prezzo a tutto, anche a un sorriso.
Questo episodio ha cambiato qualcosa in me; decido come rivolgermi alle persone d’ora in avanti, come approcciarle, sia se ho bisogno di loro sia se loro hanno bisogno di me, ma anche semplicemente per salutarle: sorriderò.
Sono solo, in nazioni dove non conosco la lingua, dove pochissime persone parlano l’inglese e praticamente nessuno parla il tedesco né l’italiano. Mi sono scelto io questa difficoltà per mettermi alla prova, per trovare quelle risposte che cerco. In fondo non so nemmeno io cosa sto cercando, ma sento una spinta dall’interno, qualcosa che viene dallo stomaco.
La prima lezione che ho preso ha fatto proprio centro.
Riparto il giorno dopo, sotto un cielo nuvoloso, alla volta del confine della Polonia con la Bielorussia: la dogana di Terespol mi aspetta tra circa cinquanta chilometri.

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AVVISO

Ci scusiamo per il ritardo sugli aggiornamenti di viaggio, dovuti a causa di problemi tecnici e soprattutto ai blocchi alle applicazioni internet in Bielorussia e Russia.

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